L'istituto di ricerche social Blogmeter, ha presentato la quarta edizione della sua ricerca “Italiani e Social Media”, evidenziando quali sono le piattaforme web più utilizzate dai nostri concittadini. In testa troviamo sempre Facebook, seguito da YouTube, ma crescono anche Instagram, Twitch e TikTok. Come si evince dall’infografica, in Italia al primo posto si conferma Facebook col 90% degli utenti, grazie alle continue novità come Messenger Rooms, seguito da YouTube all’89%. Al terzo posto troviamo in continua crescita Instagram, che ha già il 73% ed è amato particolarmente dai giovani. L’app di instant messaging più utilizzata invece è WhatsApp, che ha recentemente superato i 2 miliardi di utenti nel mondo e in Italia è usata dal 97% degli intervistati. A questa seguono poi Messenger (80%), Microsoft Skype (58%), che continua a calare, e quarto, invece, Telegram (46%), in forte crescita. TikTok, il social cinese particolarmente amato da adolescenti e giovanissimi, ha invece una quota del 16%, con una crescita del 3% rispetto all’anno precedente, mentre in fondo alla classifica c’è da registrare una new entry: Twitch, la piattaforma social di Amazon dedicata al live streaming, soprattutto di videogiochi, che si attesta al 12%. L’indagine è stata condotta attraverso interviste a un campione di 1703 residenti in Italia con età compresa tra 12 e 74 anni, rappresentativo (per sesso, età e area geografica) degli iscritti ad almeno un canale social, tenta di proporre una fotografia il più vicina possibile alla realtà social del nostro Paese. Ciò che emerge è che ormai i social network influenzano la vita di moltissimi utenti. L’indagine citata ha infatti rivelato che il 38% degli italiani si ispira a ciò che ha visto sui social, mentre il 29% si affida ai prodotti presentati dagli influencer. Pensare ancora ai social network come un mezzo di distrazione e di “alternativa della propria noia” è del tutto sbagliato. Ormai è palese che fanno parte della nostra vita, ma farne un uso consapevole sarebbe buona norma come possedere un “etica digitale” che aihme non si possiede ancora